La scelta di Antigone
Testo di Arianna Bondi – Pubblicato il 25 novembre 2012 su “Caffè Letterario di Maria Cristina Brizzi” in Bologna / Blog del Corriere della Sera
La lettura mi risulta difficile adesso, passando, sopra un autobus affollato, per le strade dissestate del centro. Il foglio davanti a me non fa altro che muoversi e io non riesco a non confondere le parole. Chiudo il libro: a dopo, Sofocle. Scendo dall’autobus e mi dirigo svogliatamente verso un palazzo grigio e cupo, dove verrà stabilito se ho infranto la legge e cosa mi merito per averlo fatto. Cammino lungo un corridoio, mi avvicino a una scrivania. La donna sta parlando al telefono. Aspetto. Mi guarda, finalmente. “Posso aiutarla?” “Salve, mi chiamo Chiara Antigoli, ho un appuntamento con il signor Bivaldi prima del processo”. La donna si alza, seguo lei e il rumore dei suoi tacchi fino ad una sala d’attesa. Mi siedo e prendo fuori il libro dalla borsa. Antigone, sembri raccontare la mia storia, tu che, così risoluta, non esiti davanti a nulla. Sai bene cosa è giusto per te, Antigone, sai bene qual è la legge che comanda su una creatura come l’uomo: la legge di ciò che sembra giusto, quella del cuore. Ma, come quasi sempre succede in ambito giuridico, ad un modo di pensare se ne contrappone un altro: tu ti sei dovuta battere con il pensiero dei potenti, che solitamente è quello che ha più forza persuasiva sul popolo.
Almeno così sembra: tutti i Tebani nutrivano, dentro ai loro cuori, un’avversione verso la legge che tu hai infranto, ma non l’hanno dimostrato apertamente; tutti si aspettavano che tu scegliessi l’amore per tuo fratello come personale parametro di giustizia e che lo seppellissi, eppure eri sola; inizialmente neanche Ismene, tua sorella, voleva seguirti nella tua scelta. Ma non giudicarla, Antigone; l’uomo ha molte qualità,molte possibilità ma anche molta paura. Non sentirti sola, Antigone; eccomi, sono qui per pensare con te al matrimonio che non avrò, alla famiglia di cui non farò parte, alla “libertà” a cui sto rinunciando.
Come può la libertà civile essere vissuta quando il cuore è incatenato, torturato, consumato da un tribunale interiore che lo sottopone a un processo infinito? Mi hanno fatto scegliere. Se mi hanno fatto scegliere i potenti? Questo mi chiedi? No, sono stati i miei pensieri, i miei sentimenti; il mio amore, la voglia di giustizia. Sei l’unica, Antigone con cui mi sento di condividere la mia storia. Hanno ucciso l’unica persona che amavo e che mi amava. Lavorava alla polizia, negli ultimi tempi era riuscito ad arrestare alcuni componenti di un gruppo mafioso, credeva che in poco tempo sarebbe arrivato al loro “boss”. Lo hanno accoltellato, una sera, mentre apriva il portone di casa nostra. Stavo annaffiando le piante in terrazza, l’ho visto arrivare, parlava con il suo amico.
Pochi minuti dopo sono scesa al piano terra del condominio. Era già buio. L’ho visto, lì, steso a terra, con una macchia densa di sangue che lo circondava. Ho urlato, ho chiesto aiuto: tutto inutile.. Improvvisamente un uomo ha cominciato a correre. Io l’ho seguito, ho cercato di fermarlo, lo ho visto in faccia, prima che mi spingesse a terra: era Giò, il suo migliore amico.
Mi sono rivolta tante volte alla polizia, ma nessuno ha potuto, o forse voluto, aiutarmi. Non si trovavano prove che incriminassero Giò, che a sua volta faceva parte dei carabinieri; e le prove erano e sono l’unica cosa importante. La giustizia non poteva aiutarmi: non quel tipo di giustizia. Cominciai a spiare Joe e a scattargli foto, scrissi un articolo e lo mandai a un giornale. Fui condannata per diffamazione. Prima del nostro incontro in tribunale sono andata a casa sua: probabilmente volevo ucciderlo, ma non l’ho fatto. Ho sfogato la mia rabbia sulla sua macchina, l’ho colpita con le mani aperte. La mattina dopo mi hanno arrestato: la macchina di Joe era esplosa e loro avevano trovato le mie impronte su ciò che ne rimaneva. Così, Antigone, oggi incontro la prima volta il mio avvocato prima del processo. Da un lato mi sento colpevole, io avrei voluto davvero ucciderlo quella sera. Ma in parte mi sento sollevata. Mi daranno l’ergastolo, la libertà da una vita che, vissuta da sola, non vale più niente, mi libereranno il cuore da un senso di pesantezza che mi opprime. So a che tipo di diritto mi sono rivolta: quello naturale, che sento dentro come imprescindibile. Il mio diritto civile è morto quando ho deciso di combatterlo. Una parte di me morirà, come te, per aver stabilito che ho leggi più importanti, di cui l’omertà non fa parte. Ho passato la vita ad essere un po’ Ismene e un po’ Antigone, ora sento di aver guadagnato il dolore ma anche la libertà, che sento più grande, di chi prende una scelta definitiva.
Una porta in fondo al corridoio si apre, chiamano il mio nome. Ma un nome, come un corpo, non mi serve più, ora è tutto inconsistenza: dentro di me vive solo, con furore, quel senso di vittoria e compiutezza che riesce a colmare il cuore di un uomo. Addio Antigone, inizio la mia nuova vita, nata proprio da una morte.
Chiudo il libro.