Pubblicato il 5 settembre 2012 su “Caffè Letterario di Maria Cristina Brizzi”
in Bologna / Blog del Corriere della Sera

Ho un nome strampalato. Deianira, cosa ne pensate? Non mi sto lamentando, beninteso: Deianira mi piace da morire. Intanto, sono sempre stata l’unica Deianira della compagnia; e poi è un nome bellissimo, un po’ impegnativo perché, fossi stata bruttina, avrei fatto la solita figura del vorrei ma non posso.

Ma io non sono bruttina. Sono sempre stata bella, stuoli di uomini a voltarsi indietro quando passo, lo sguardo invidioso delle altre clienti quando provo i vestiti nei negozi. Allora, se mi presentano ad amici nuovi, questi mi guardano e io tendo la mano, ‘Deianira’, loro si scambiano sguardi di intesa e qualche volta scappa un’esclamazione, come a dire che se una è così e si chiama anche Deianira la fantasia erotica scatta immediata.

Sono andata fiera del mio nome da pornoattrice, ci ho marciato anche, lo confesso; ma non mi sono mai chiesta chi fosse questa Deianira, quale fosse la sua storia. Al liceo scoprii che si chiamava così la donna di Ercole, l’eroe greco; puoi immaginarti le battute, in classe, sui presunti requisiti che avrebbe dovuto avere ogni mio futuro fidanzato. Non approfondimmo la mitologia, e mi capitò solo molti anni dopo, a teatro, di andare a vedere una tragedia di Sofocle, Trachinie mi sembra si chiamasse, e … c’era lei!!! La vera Deianira!!

Comunque, la storia era proprio bella; c’era questa Deianira che era la moglie di Ercole, e lo aveva aspettato anni prima che lui tornasse dalla guerra; un giorno, lui torna, e si porta dietro le prigioniere, donne del popolo che l’eroe aveva sconfitto. La mogliettina prepara un cenone coi festeggiamenti, ma poi si accorge che gli invitati la guardano in modo strano, gli occhi si spostano da lei alla più bella delle prigioniere, tale Iole, una ragazzina che tiene sempre lo sguardo a terra. Cos’è questa storia, comincia a chiedersi, cosa c’è da guardare, com’è che il mio Ercole è così sfuggente, e chi è quella gatta morta che gli sta sempre di fianco…

La verità, come al solito, è l’accavallarsi di particolari insignificanti, di piccole stonature, che poi si aggrumano tutte insieme in un suono assordante, inequivocabile, che ti scoppia nel cervello all’improvviso. In quel momento, tutto torna, tutto si accorda, le note sguaiate, metalliche, si trasformano in una musica tragica, polifonica, spaventosa, che ti cattura il cuore e lo scaraventa giù, nell’abisso, e non ti resta altro che guardarlo sprofondare.

Deianira, ora è chiaro, è la regina tradita. La regina detronizzata, che a un certo momento deve fare i conti con la sua nuova condizione, con la nuova persona che è diventata. Ma chi è? Si guarda allo specchio con lo sguardo critico che non sapeva più di avere: le rughe sottili, il collo che comincia a cedere, i seni un po’ sgonfi. L’immagine delle mammelle turgide e invitanti di Iole le frusta i pensieri.

E sapete che fa? Gli fa una fattura. Noi donne non siamo mai cambiate. Deianira si ricorda che Nesso, un centauro innamorato di lei, le aveva donato prima di morire una camicia magica, promettendole che, se Ercole l’avesse indossata, sarebbe tornato ad amarla come il primo giorno.

La camicia di Nesso. Deianira la mette al marito, e l’indumento produce tutt’altro effetto rispetto a quello promesso. La stoffa si incolla alla carne del povero Ercole, gli brucia la pelle, gli rode i muscoli devastandogli le membra, lo stomaco, gli erculei pettorali. L’eroe muore, tra atroci tormenti, alternando maledizioni e suppliche.

Deianira, naturalmente, si uccide.

Com’è che si dice? Nomen omen? Non ricordo bene il latino, ma deve voler dire che nel tuo nome è scritto il tuo destino, no? Perché è proprio il pensiero che mi si affacciò alla mente quella sera, appena uscita dal teatro. Ma l’ho rimosso subito. Io, la regina cornuta? Ma va là!! Io, il sogno erotico di tutti gli esseri di sesso maschile che avevano avuto la fortuna di vedermi da vicino! Io, che a quell’epoca ero già sposata con Andrea, e mi sentivo, sì, una regina, ma soprattutto ero la regina assoluta del suo cuore. Faceva quasi tenerezza, con quei suoi occhi adoranti; lo prendevano tutti in giro, lui così innamorato, lui così geloso. Del resto, se tra i due c’era uno che doveva stare in ansia, era lui, con tutti gli uomini che mi ronzavano attorno. Mi ricordo che, all’uscita dal teatro, ci avevamo anche scherzato su.

E’ stato un pomeriggio di maggio.

Io ho appena compiuto quarant’anni, un’età un po’ critica, se vuoi, ma mi tengo in forma. Certo, tre figli ti lasciano qualche segno sulla pelle, ma mi dicono tutti che la mia bellezza è diventata matura, più consapevole, più composta. Andrea mi desidera sempre come un tempo, forse sono io che ho troppo da fare per pensare al sesso. Poi, Andrea è sempre il solito materialone. Lo so che mi ama alla follia, però non è stato carino a lasciarmi un assegno in bianco sul tavolo il giorno del mio compleanno, compra tu quello che vuoi per la tua festa amore, ma ti prego non esagerare…

Il lavoro, comunque, lo stressa molto. Nessun avanzamento di carriera, ma sempre più impicci, mi torna a casa sempre più tardi, è stanco, ha poca voglia di stare coi bambini. Poi gli tocca fare straordinari, vedere clienti all’ora di cena, anzi sono clienti importanti, pretenziosi, l’altro giorno si è dovuto comprare due paia di pantaloni, una cravatta e una giacca, figurati che c’è andato da solo, mentre di solito gli compro tutto io, lui odia i negozi.

Mi sembra sempre di dargli fastidio, mi cerca solo a letto. Anzi, l’altro ieri per la prima volta l’ho cercato io e lui mi ha mandata via. Dice che aveva mal di testa. Forse aveva bevuto un po’.

Entro nello studio all’improvviso, Andrea questa bolletta della luce l’abbiamo pagata due vol………………….

Di chi è quella foto nella tua posta elettronica?

Esita. Esita un po’ troppo, prima di tirar fuori che è sua cugina da ragazza.

Andrea.

– cos’è tutto questo rumore di piatti rotti? I vicini che traslocano? O è solo nelle mie orecchie?-

Andrea. Di chi è la foto?

– ti prego Andrea, cambia occhi, non quelli, non quelli che hai, che non te li ho mai visti, togliti dal viso quell’espressione da cane colpevole, toglitela!!-

Andrea. Ma tu me lo giureresti che…

-no, Andrea, certo che te lo giurerei non è la risposta esatta, leva quel condizionale, dimmi te lo giuro, subito, che poi non ne parliamo più…

No. Non me lo giura.